Quando il mio primogenito è entrato a scuola, sono stato sollevato nel scoprire una politica senza divise.
Le divise, mascherate come „volontarie”, impongono annualmente un indue peso finanziario alle famiglie.
Nonostante le pretese di colmare le disparità socio-economiche, spesso amplificano le differenze, accentuando le disparità anziché promuovere l’unità.
Inoltre, le divise soffocano l’individualità, promuovendo la conformità rispetto all’espressione di sé.
La ricerca sottolinea il valore di permettere ai bambini un’autonomia sartoriale, favorendo il pensiero critico e l’adattabilità.
Le conversazioni sull’abbigliamento, sebbene fastidiose, favoriscono l’espressione dell’identità e la comprensione reciproca tra genitori e figli.
In Svezia, le divise sono state considerate una violazione dell’espressione individuale, confermando l’abbigliamento come scelta personale.
Le divise, specialmente quelle di genere, possono alienare gli studenti gender-diversi e erodere l’autostima.
Abiti che non vestono bene inibiscono il movimento, aggravando le disparità di genere nell’attività fisica.
Contrariamente ai presunti benefici, le divise non producono alcun impatto discernibile sul comportamento, sul rendimento accademico o sull’assiduità.
Gli studi smentiscono le pretese di miglioramenti disciplinari o risultati scolastici, rivelando le divise come reliquie obsolete della conformità.